La vecchia strada per Castelgomberto
si srotola lenta ed è piena di fiori.
La neve sulle cime delle montagne blu
in un giorno limpido di Nuova Zelanda.
E c’è qualcosa che non mi va giù:
mi sento un po’ solo,
in questo quaggiù,
in questo mio ultimo tratto di strada,
in questa mia ultima nuova avventura
di me che son padre
e racconto la natura,
per uno che diceva:
natura è avventura.
Io scrivo a Eva
e scrivo a me stesso
e parlo a Eva di lei,
ma è di me stesso
che narro
le peripezie,
come accade spesso.
Che son stato preso,
un po’ risucchiato
da questo vortice d’amore
che ho generato,
ma io resto io,
e non devo scordarlo.
Affamato di amici
e lupo solitario.
Affamato di bello,
di Dio
e di viaggio,
di una fine,
e un nuovo inizio.
Di aria buona,
come questa,
di un nuovo angolo di vita
da esplorare
per giocare ancora un po’
come un bimbo
e un falò per annusare
quella notte misteriosa,
così intensa.
Ma che cosa meravigliosa
far la guardia a questo fuoco.
Mi spavento pure un poco,
poi mi appoggio su quel tronco
e assaporo quel momento
di scintille, verità e torrente,
di una fresca e pura mente.